Cookie Consent by Free Privacy Policy website Il punto sulla Blue Economy. Cosa è emerso dagli Stati Generali Mondo Lavoro del MARE. Ricaduta non compresa a terra, scarsa attenzione dal PNRR
maggio 28, 2021 - Stati Generali Mondo Lavoro del MARE

Il punto sulla Blue Economy. Cosa è emerso dagli Stati Generali Mondo Lavoro del MARE. Ricaduta non compresa a terra, scarsa attenzione dal PNRR

Al termine della tre-giorni trasmessa in tutta Italia da #genova, il messaggio che arriva è forte e chiaro: la ricaduta a terra della blue economy non viene compresa. È la reazione unanime al PNRR che mostrerebbe scarsa attenzione al #lavoro e all'economia marittima, che pure ha già rialzato la testa. Pochi i soldi, ancora meno i ristori. 

Da Salvatore Lauro il richiamo a unire le forze delle "Repubbliche Marinare".
Gli ospiti degli #statigeneralimondolavorodelmare – istituzioni locali, esperti di HR, sostenibilità, logistica e imprenditori del turismo del #mare – concordano sulla necessità di fare squadra per sollecitare l'attenzione del Governo. Ma anche sull'opportunità di sviluppo rappresentata da digitalizzazione e automazione, sempre che si creino le competenze necessarie e si aiutino i lavoratori che usciranno dal mercato a ricollocarsi. La sostenibilità, imprescindibile dallo sviluppo: «Non aspettiamo che ce lo chiedano le autorità di controllo, lo esige già la clientela, molto sensibile al tema del rispetto del mare».

Genova, 28 maggio 2021_Si è conclusa ieri, giovedì 27 maggio 2021, la tre-giorni degli #statigeneralimondolavorodelmare dedicata all'economia marittima. Al centro dei sei incontri, che hanno coinvolto istituzioni, imprenditori e stakeholder, i temi della blue economy, dell'occupazione, del turismo, della sostenibilità, dell'innovazione e della formazione. Cosa è emerso?
 
Finanziamenti e sviluppo
Dopo un anno di pandemia, che ha visto la logistica #mare e i trasporti di merci non fermarsi per garantire l'approvvigionamento e l'export del Paese a fronte di nessun ristoro per le parti che hanno dovuto chiudere i battenti – crocieristica e turismo marittimo in testa –, la blue economy italiana sta già ripartendo, facendo segnare alla fine del primo quadrimestre 2021 gli stessi livelli di fatturato del primo quadrimestre 2019 e gli armatori delle navi da crociera hanno confermato le imbarcazioni in costruzione fino al 2027.

Ma dai commenti unanimi sul PNRR traspare amarezza: sono pochi i soldi previsti per il #mare, 500 milioni a fronte di una spesa totale di 200 miliardi di euro. A conferma – sostengono i presenti – della scarsa sensibilità delle istituzioni terrestri alla blue economy.
 
Solo a livello europeo, il settore #mare genera infatti oltre 650 miliardi di euro di fatturato e sostiene 4,5 milioni di posti di #lavoro diretti. Oltre a notare la scarsità delle risorse messe a disposizione dal PNRR, in molti temono investimenti a pioggia per far contenti tutti, senza tenere conto delle diversità implicite del mondo portuale italiano.
 
Tema che solleva una grande preoccupazione è l'assenza di una visione sia delle realtà portuali italiane sia, in generale, di come accompagnare la forza #lavoro attraverso le transizioni ecologica e tecnologica. Attenzione, dice Alessandro Paone, avvocato Giuslavorista Partner at LabLaw Studio Legale, ad aspettarsi la stessa ricostruzione che ha visto il nostro Paese dopo la Seconda Guerra Mondiale: allora la ricostruzione passava attraverso la mano d'opera, cioè il #lavoro, questa ricostruzione si basa sulle nuove tecnologie che diminuiscono il #lavoro. Economicamente il risultato è diverso. «Il problema, quindi, non è lo sblocco dei licenziamenti, ma la creazione degli strumenti per superare l'inoccupazione. Gli ammortizzatori sociali devono diventare abilitatori al cambiamento».
 
«D'altronde, l'Italia è un Paese contadino, non marinaro, nonostante i nostri 8mila chilometri di coste»: così l'armatore Salvatore Lauro sottolinea l'apparente disinteresse delle istituzioni all'economia del #mare. L'Italia è Paese per il quale il #mare finisce con la spiaggia, un paese di bagnanti, tuttalpiù. Nel 2020 il fatturato degli armatori è sceso al 25% rispetto al 2019. Non c'è stato un solo ristoro e il progetto di sgravio fiscale è ancora fermo in Europa perché rischia di essere considerato aiuto di Stato. Inoltre la burocrazia ci strozza tanto gli ufficiali inglesi sulle imbarcazioni da diporto sono preferiti ai nostri perché la loro assunzione è più facile e snella. Basterebbe un alleggerimento della burocrazia per cominciare a dare una mano al #mare. L'armatore conclude chiamando le "Repubbliche Marinare" a unire le forze alla ricerca di sinergia e condivisione di best practices, così che si possa fare massa critica anche nei confronti delle istituzioni di terra che sembrano non considerare quanto dovrebbero il contributo del #mare all'economia nazionale e allo sviluppo #futuro.
 
Sostenibilità: il #mare inizia qui
La salvaguardia delle risorse naturali del #mare, la minimizzazione dell'impatto dell'economia marittima e la rigenerazione degli eco-sistemi sono i tre temi di urgenza che si sono ritrovati con un'unanimità imbarazzante nelle parole di tutti gli intervenuti. Imbarazzante perché ne siamo responsabili tutti: chi produce sul #mare, chi trasporta sul #mare, chi ospita sul #mare, chi consuma il prodotto del #mare o semplicemente frequenta le località marinare. Da qui l'idea di Alberto Cappato, direttore Innovazione Sviluppo e Sostenibilità Porto Antico di #genova, di condensare il concetto in una frase da apporre sui tombini della città: il #mare inizia QUI, come hanno già fatto alcune città di #mare del Nord Europa. Il progetto dei tombini che sussurrano ai cittadini di #mare cerca anche uno sponsor, tra tante generose persone di #mare.

È ora di pensare a una regia condivisa tra tutti i protagonisti dell'economia marittima - dice ancora Alberto Cappato - una gestione integrata di tutti gli interventi dell'uomo che vive e lavora sul #mare. Perché, se rispetto al passato ci sono molti più sistemi di controllo e le aree marine protette sono passate da 5 a 30 da quando Legambiente è nata nel 1986 - spiega Sebastiani Venneri, vice presidente Legambiente - sono cambiati i fattori di aggressione. Trenta anni fa il nemico era il petrolio, oggi sono le plastiche, specie le microplastiche che entrano nella catena alimentare facendo da tramite per altre sostanze inquinanti, e il cambiamento climatico che sta innalzando il livello del #mare e determinando eventi meteoclimatici estremi a danno delle zone costiere. Le spiagge stanno finendo, e non solo in Italia.
 
«Sono ministro dell'unico Governo che non vede l'ora che sparisca il proprio Stato»:
è il commento di Antonio Di Natale, segretario Generale Fondazione Acquario di #genova, biologo esperto, già consulente dell'ONU, nominato ministro di quell'enorme Stato di agglomerati di plastica presenti negli Oceani del Mondo, che ormai – se aggregati –
superano le dimensioni della Russia, 17 milioni di km2.

Il percorso di maggiore sensibilizzazione dei Comuni italiani alla tutela del #mare sembra però trovare sempre più compagni di viaggio con 6 nuove bandiere blu attribuite quest'anno rispetto al 2020 a località marine e lacustri e ben 15 new entries che, a cambiare la storia di questa certificazione, quest'anno arrivano soprattutto dal Mezzogiorno. Claudio Mazza, presidente Fondazione Fee-Italia, concentra l'attenzione sul percorso che conduce alla certificazione: «La bandiera blu è l'obiettivo, ma quello che conta è il percorso fatto di
maggiore sensibilizzazione e comportamenti di tutela di una risorsa che è di tutti».
 
Transizione digitale e occupazione
Ritorna il tema delicatissimo delle ricadute sull'occupazione della transizione digitale, con la necessità sempre più spiccata, da una parte, di nuove competenze e, dall'altra, di riqualificazione dei lavoratori che escono dal mercato del #lavoro.
Fondamentale il confronto tra Università, Istituti Tecnico Superiori ITS e imprese dell'economia blu, per allineare l'offerta di competenze alla domanda del mercato, soprattutto in ottica digitalizzazione, automazione e informatizzazione dei processi.
Alla proposta di un protocollo di incontri periodici con gli ITS in cui concertare le competenze richieste da qui ai prossimi anni, si dicono tutti d'accordo.

Ma gli ITS italiani non sono sufficienti. 108 in tutt'Itali per 116mila allievi. Ma in Francia gli allievi sono 600mila, quasi 900mila in Germania e 1 milione in Canada. Ecco che i fondi di sostegno alla formazione professionale, soprattutto in ottica di Industria 4.0 - digitalizzazione, automazione e informatizzazione dei processi - saranno fondamentali per recuperare terreno in Europa sulla formazione professionale.
 
L'innovazione tecnologica è ineludibile per lo sviluppo della nostra economia e per mantenersi competitivi, ma se la transizione non viene pensata anche dal punto di vista formativo e occupazionale, il rischio perdita posti di #lavoro si fa inquietante: secondo McKinsey il 47% dell'occupazione USA è a rischio, mentre il 44% degli europei in età lavorativa non ha le competenze di base per mantenersi attrattivo sul mercato del #lavoro come si sta delineando. A ciò si associa il problema della riqualificazione e l'aggiornamento continuo dei lavoratori senior. Ma il digitale per fortuna non è tutto. Esce fortemente anche la ricerca di qualità umane, le soft-skills, e la valorizzazione delle competenze informali costruite come si dice on the job. Questo è un contributo che i lavoratori senior possono dare alle nuove leve native digitali perché sapere tutto di automazione ma non conoscere le dinamiche lavorative che sostengono la cooperazione non funziona.

Maggiori informazioni nel comunicato stampa da scaricare

Ti potrebbe interessare anche

maggio 25, 2021

Annunciato l’atteso rimbalzo economico nel settore marittimo, alcuni dubbi sul PNRR: gli interventi del presidente #paoloemiliosig...